La caduta di Afrin e gli allocchi della “sinistra antagonista”

Chissà ora che diranno i tanti che –  nella “sinistra antagonista” – inneggiavano sia alla “causa curda” (senza domandarsi perché questa infatuazione era sostenuta da tutti i media mainstream) sia a quella dei “ribelli siriani”, vedendo oggi la bandiera di questi tagliagole a fianco di quella turca, sulle macerie di Afrin? Ho cercato di domandarlo partecipando al presidio tenutosi a Napoli ottenendo nessuna risposta. Ripropongo qui la questione.

Intanto, Afrin  (al pari di Idlib) non è affatto una “città curda” (solo il trenta per cento della sua popolazione è di questa etnia) e per di più (come Idlib) è ubicata al di fuori di quello che, storicamente, viene inteso come Kurdistan. A considerare “curda” Afrin, come Idlib, sono solo fanatici nazionalisti curdi, in piena sintonia con gli USA (ai quali hanno permesso la creazione di ben sette basi militari nel Kurdistan siriano) e soprattutto con l’Arabia Saudita (la quale spera così di realizzare una striscia di territorio non siriano per fare sfociare nel Mediterraneo un suo gasdotto). Ebbene, nonostante ciò, dopo la proclamazione dell’Operazione “Ramo d’ulivo” da parte della Turchia, il governo siriano ha  ripetutamente proposto a tutte le milizie curde di rinunciare alle loro pretese su Afrin, permettendo alle truppe di Damasco e all’aviazione russa di porsi a difesa della città siriana. Proposta rifiutata, verosimilmente nella speranza di una intercessione degli USA. I risultati si vedono oggi con innumerevoli curdi fucilati tra le macerie di Afrin da parte delle milizie dei “ribelli siriani” (piene di riciclati di Al Nusra e altre formazioni apertamente jihadiste).

Chissà ora se i nostri media parleranno di “occupazione”, o “conquista”, o “liberazione”… della città di Afrin? E chissà ora cosa diranno i tanti allocchi della “sinistra antagonista”?

Francesco Santoianni

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